Intervista ad Emanuela Megli

Welfare aziendale e PNL Master Practitioner 16 Giugno 2020

Oggi siamo con Emanuela Megli, esperta di welfare aziendale e Master Practitioner PNL. Da anni si occupa di innovazione organizzativa e di conciliazione vita-lavoro

Nella frenetica vita di tutti i giorni, lo stress causato dal lavoro è inevitabile, ma come può essere arginato il suo potenziale dannoso? Come bilanciare i concitati ritmi lavorativi con un’equilibrata vita personale? 

Abbiamo voluto porre ad Emanuela Megli vari quesiti inerenti a come gestire al meglio la vita lavorativa affinché non prenda il sopravvento su quella personale, e su altre tematiche molto attuali inerenti al lavoro e alla sua gestione.

 

Emanuela, considerata la tua pluriennale esperienza nel campo del Welfare aziendale, come pensi sia possibile concretamente conciliare la vita privata con il lavoro?

E’ necessario considerare due aspetti fondamentali: la gestione del tempo dal punto di vista organizzativo e psicologico e la possibilità di usufruire di misure di conciliazione vita lavoro e flessibilità oraria nelle organizzazioni. 

Il primo aspetto comporta la nostra capacità di modificare la percezione del tempo a disposizione mediante competenze di time management e mediante un approccio basato sulla centralità della persona nelle sfere della vita, che consente di unificare i diversi ruoli valorizzando e potenziando l’essere, ovvero la personalità. 

 

Facendo un esempio, può essere utile concentrarsi al meglio sul proprio proposito di vita, che abbraccia la sfera della nostra personalità (essere) e si declina nelle diverse attività di vita quotidiana (tra cui il lavoro). In questo modo, ampliamo e miglioriamo lo spazio e il tempo interno, che ci consente di trarre beneficio e spirazione da ogni ambito di vita. 

 

Nel secondo aspetto, lavorare in organizzazioni flessibili, consente di essere ispirati e produttivi in qualunque luogo e in qualunque momento, aumentando le performance grazie ad un lavoro basato sul MBO (Management by Objectives) e non sul controllo “a vista” (meno affidabile), favorendo autodisciplina, autoefficacia e fiducia nelle relazioni professionali anche tra management e risorse umane, con un impatto positivo sul clima percepito e reale e sull’aumento della produttività.

 

I due approcci possono essere favoriti e introdotti tramite una formazione esperienziale per un cambiamento della cultura organizzativa o il mediante il coaching per un cambio di prospettiva personale, orientata al benessere e al miglioramento delle performance. 

 

Quali sono secondo te le responsabilità di un datore di lavoro e quali quelle di un lavoro al fine di rendere un ambiente di lavoro più sereno e stimolante?

 

Come appena detto, è fondamentale l’ascolto profondo ed emotivo delle istanze delle persone, che hanno dei bisogni latenti ed espliciti, che favoriscono maggiore o minore coinvolgimento nelle dinamiche aziendali, stimolando il senso di appartenenza e il bisogno di riconoscimento che non è soltanto economico, ma molto spesso psicologico ed affettivo. E non si tratta solo di responsabilità normative, quanto invece di opportunità nel far leva su modelli di gestione autorevoli che incidono sulle performance, sull’engagement, riducendo i tempi e i costi di disorganizzazione e conflitti, riducendo i costi dell’assenteismo, della demotivazione e del calo di produttività, soprattutto per lavoratori/trici ad alto potenziale, che cercano ambienti stimolanti e standard innovativi.

 

Pensi che le politiche di lavoro adottate in Italia vadano incontro al benessere del lavoratore? 

 

Stiamo iniziando, siamo agli inizi, tranne che per qualche imprenditore più illuminato e all’avanguardia. Ma non abbiamo più scuse, sono solita dire a molti imprenditori che accompagno in questi processi evolutivi virtuosi e di crescita produttiva, perché ormai le leggi ci sono, le strategie per defiscalizzare i costi dei premi di produzione per i beni e servizi di welfare pure (anche per le Pmi che hanno poche risorse da investire). Manca solo la volontà talvolta, la fiducia nel cambiamento, la forza di avviare processi innovativi, nonostante le naturali spinte involutive e resistenze al cambiamento che normalmente (per la natura umana) si verificano quando si inizia di fare qualcosa di nuovo. Alla lunga il cambiamento premia tutti, e ci dà il riscontro  voluto in termini di efficacia economica.

 

Come esperta di lavoro e madre, cosa consiglieresti a quanti vorrebbero che i loro figli intraprendessero una carriera o un percorso universitari “dagli sbocchi sicuri”, anche se ciò va a detrimento della loro felicità e realizzazione?

 

“Scopri chi sei, cosa ti rende felice, quali sono i tuoi talenti e il tuo proposito, e non lavorerai un solo giorno della tua vita”: è ciò che amo dire ai giovani in sessioni di orientamento al lavoro e formazione sulla ricerca attiva del lavoro. Negli ultimi corsi realizzati abbiamo lavorato su entrambi gli aspetti: un percorso introspettivo per allineare la personalità ovvero l’essere, alle opportunità esistenti o da creare nel mercato del lavoro, locale e internazionale. Mediante un’analisi delle proprie aspirazioni, talenti, passioni e propositi di vita (valori) con le opportunità del mercato, si può giungere consapevolmente al meglio per se stessi che corrisponde anche alla massima espressione del sé e dunque alla propria felicità. Quindi la scelta è ponderata e non inibisce o tradisce nessuna delle due prospettive che mi ha posto. Si presenta come una via alternativa ed efficace. 

 

Spesso in rete si legge di casi di aziende quali Facebook o Google che assicurano ai loro dipendenti spazi ricreativi vari: aree ricreative, ristoranti, delle volte anche parchi giochi. Fumo agli occhi o concorrono davvero- secondo te- al benessere dei dipendenti? Come potrebbero aziende più piccole raggiungere lo stesso scopo?

                  

Quella che si sviluppa attraverso un’alleanza tra Impresa e lavoratori/trici, è una condivisione di intenti, laddove il proposito dell’organizzazione coincide e alimenta il proposito di vita delle persone che ci lavorano. Quindi lo scambio è tra beni di altissimo valore, oltre che tra condizioni contrattuali vantaggiose dal punto di vista economico. L’agire in organizzazioni capaci di orientare il proprio business ad uno scopo e non ai profitti soddisfa bisogni di natura psicologica che sono di gran lunga più impattanti di quelli di base, in quanto intrinseci della persona. Oltretutto i dati pubblicati sull’ultimo numero della rivista di Harvard (Cfr. Harvard Business review Special Issue, Spring 2020)riportano che le aziende più quotate in borsa sono quelle che hanno chiaro e hanno investito sullo scopo e non sul profitto. Questo è ancora più vero per le Pmi, in cui i gruppi più piccoli possono essere più facilmente gestiti mediante una comunicazione e relazione (autorevole) che si orienta al benessere e al coinvolgimento delle risorse nelle scelte aziendali. La scelta di improntare le proprie organizzazioni al benessere tramite piani di welfare e formazione sulla cultura di impresa è realizzabile in tutti i contesti organizzativi, siano essi piccoli, medi o grandi. La differenza è data da una buona analisi dell’esistente, dalla scelta e individuazione dello scopo/obiettivo di miglioramento, per costruire e mettere in campo azioni e comportamenti efficaci, i quali a queste condizioni, recuperano sempre l’investimento realizzato.